Scrittura diaristica: suggerimenti di IA per la scuola

Ai tempi in cui insegnavo, proponevo ai miei allievi molti esercizi di scrittura creativa, uno dei miei riferimenti è stato il Ricettario di scrittura creativa di Giulio Mozzi e Stefano Brugnolo (cui va un mio grato pensiero, a pochi giorni dalla scomparsa), nella prima edizione in due volumi pubblicata da Theoria. Seguendo un consiglio che lo stesso Mozzi aveva dato nel corso di una lezione nella mia scuola, lavoravo coi ragazzi a partire dalla scrittura diaristica, esperienza che fin da subito mette a confronto sia con se stessi che con la dimensione fittizia dell’io, una volta che sia oggetto della scrittura, e della narrazione in genere (grande dono della scrittura: rendere consapevoli di questa realtà che ogni giorno sperimentiamo nel collocarcial mondo).

Mi è venuto in mente, in questi giorni di esami di maturità, di tornare su quella mia stagione scolastica, mettendo in dialogo un fittizio me-docente (è un io narrante: sono io? quanto sono io?) con Chat GPT, su come suggerire un esercizio strutturato e costante di scrittura diaristica a studenti del primo anno di scuola superiore.

Di seguito propongo, per esteso, la conversazione che si è sviluppata, nell’arco di alcune serate, con l’IA. La conversazione stessa, come riportata, è un testo narrativo: chi legge ne può cogliere i passaggi, le ragioni, gli affinamenti, i percorsi seguiti e quelli lasciati, i toni, i mutamenti di punti di vista, con l’io narrante che si fa fare domande dall’intelligenza artificiale e che chiede all’intelligenza artificiale di interrogarsi su se stessa.

Lasciando a chi vorrà leggere ogni personale considerazione, metto qui in evidenza alcuni spunti: con ChatGpt è stato possibile riflettere su alcuni stereotipi proposti, ipotizzarne l’origine e le implicazioni, approfondire le motivazioni personali dell’io narrante (che sono “io” ma non totalmente “io”). Quel che più importa: l’IA non serve per “fare qualcosa al mio posto”, ma, molto più, per tener traccia, per ulteriori ripensamenti e attraversamenti, di un processo di auto-riflessione nella quale, però, è continuamente sollecitato, anche se è fittizio, un altro punto di vista.  Non mi pare cosa da poco.

Ecco il testo dell’interazione:

SCRIVERE UN DIARIO

Hai detto:

Quali suggerimenti daresti per la stesura di un diario personale a un adolescente italiano di 15-16 anni che frequenta il primo anno di scuola superiore?

ChatGPT ha detto:

Scrivere un diario personale può essere un’esperienza preziosa per un adolescente, specialmente in un momento di cambiamento come l’ingresso nella scuola superiore. Ecco alcuni suggerimenti, pensati per un ragazzo o una ragazza italiana di 15-16 anni:

📔 Perché scrivere un diario?

    Ti aiuta a capire meglio te stesso: pensieri, emozioni, scelte.

    Ti permette di sfogarti senza essere giudicato.

    Allena la tua capacità di riflessione e di scrittura.

    Ti lascia una traccia concreta della tua crescita personale.

✍️ Come cominciare

    Scegli un formato che ti piace: quaderno, agenda, app digitale, file sul computer.

    Dai un titolo al diario, se ti va. Può essere semplice (“Il mio diario”) o creativo (“Pensieri in cammino”, “Anni ribelli”, ecc.).

     Scrivi la data ogni volta che inizi una nuova pagina.

🕰️ Quando scrivere

    Non serve farlo tutti i giorni. Scegli un momento in cui hai voglia o bisogno di farlo.

    La sera, prima di dormire, può essere un buon momento per tirare le somme della giornata.

🧠 Cosa scrivere

Non ci sono regole fisse, ma puoi provare a includere:

    Cosa è successo oggi (un evento importante o anche qualcosa di banale).

    Come ti sei sentito/a e perché.

    Cosa ti ha fatto pensare, riflettere, ridere, arrabbiare.

    Cose belle da ricordare, anche piccole.

    Domande che ti fai su te stesso/a, sugli altri, sul futuro.

    Sogni, paure, idee, progetti, anche se sembrano strani o confusi.

💡 Consigli pratici

    Non censurarti: è il tuo spazio, puoi scrivere quello che vuoi.

    Non preoccuparti della grammatica o della forma: non è un compito di italiano!

    Se ti blocchi, inizia con frasi tipo: “Oggi ho pensato a…”, “Una cosa che mi ha colpito è stata…”, “Mi sono sentito/a… perché…”.

    Puoi aggiungere disegni, canzoni, citazioni, foto o biglietti, se ti fa piacere.

📌 Idee per rendere il diario più stimolante

    Una pagina a settimana con il titolo: “Le 3 cose migliori della settimana”.

    Scrivere ogni tanto una lettera a te stesso (al “te” futuro o al “te” bambino).

    Inventare una sezione chiamata “Le domande senza risposta”.

    Annotare i tuoi cambiamenti: gusti musicali, opinioni, sogni per il futuro.

🎯 Obiettivo: conoscerti meglio

Non devi fare bella figura con nessuno. Scrivere ti aiuta a riconoscere chi sei, come stai cambiando, e a trovare un filo in mezzo al caos dell’adolescenza.

Se vuoi, posso anche suggerirti delle domande-guida da usare ogni tanto. Vuoi che te ne prepari una lista?

Hai detto:

Contestualizziamo. Abbiamo a che fare con un ragazzo/ragazza che frequenta la prima superiore a Pordenone

ChatGPT ha detto:

Perfetto, tenendo conto del contesto — un ragazzo o una ragazza di 15-16 anni che frequenta il primo anno di scuola superiore a Pordenone — possiamo arricchire e adattare i suggerimenti in modo più realistico e vicino alla sua esperienza quotidiana.

✍️ Suggerimenti per tenere un diario personale (per uno studente di prima superiore a Pordenone)

📍 Perché scrivere un diario a questa età e in questo momento?

    Sei all’inizio di un nuovo ciclo di vita: la scuola superiore ti mette di fronte a nuove materie, nuovi professori, nuovi amici. Scrivere ti aiuta a mettere ordine in tutto questo.

    Pordenone è una città a misura d’adolescente: ci sono spazi, eventi, occasioni. Un diario può diventare anche il tuo modo di raccogliere esperienze del territorio: una passeggiata in centro, una mostra al PAFF!, un pomeriggio alla Mediateca.

    Scrivere è uno strumento potente per non farsi travolgere da ansie, pressioni, aspettative (dei genitori, della scuola, degli amici).

🧠 Cosa puoi scrivere nel diario

Ecco alcune idee ispirate alla tua vita quotidiana:

    🎒 A scuola oggi: com’è andata? Ti sei sentito a tuo agio? Cosa ti ha fatto sorridere o arrabbiare?

    🧑‍🏫 Prof e materie: qual è la materia che ti incuriosisce di più? E quella che ti mette in difficoltà?

    🧍‍♂️🧍‍♀️ Compagni di classe: chi hai conosciuto meglio oggi? C’è qualcuno con cui vorresti parlare di più?

    🌦️ La città: cosa ti piace (o non ti piace) di Pordenone? Qual è un posto dove ti senti bene?

    💭 Pensieri vaganti: “Oggi mi sono chiesto…”, “Mi chiedo se un giorno…”, “Non riesco a smettere di pensare a…”

    💡 Scoperte: qualcosa che hai imparato a scuola o nella vita quotidiana che ti ha sorpreso.

    🎧 Colonna sonora del giorno: che musica hai ascoltato oggi? C’è una canzone che descrive come ti senti?

🕰️ Quando scrivere

    La sera, dopo cena, può essere un buon momento per scrivere. Magari con una tazza di tè o in sottofondo un po’ di musica.

    Non deve essere tutti i giorni. Va bene anche una o due volte a settimana.

💡 Consigli per non mollare

    Sii sincero/a: non scrivere per “fare bella figura”, ma per dire a te stesso/a come stai davvero.

    Usa il linguaggio che ti è naturale: va bene anche il dialetto, o qualche emoji. Il diario è tuo.

    Non preoccuparti dello stile: puoi scrivere a flusso libero, usare elenchi, disegnare.

    Rileggiti ogni tanto: potresti sorprenderti di quanto sei cambiato o maturato.

🧭 Alcune domande-guida (da usare quando non sai cosa scrivere)

    Cosa mi ha fatto arrabbiare oggi?

    Qual è stata la cosa più bella della settimana?

    Mi sento più grande o ancora un po’ bambino?

    Se potessi parlare col “me” di un anno fa, cosa gli direi?

    Qual è una cosa che ho paura di dire ad alta voce?

    Cosa mi dà energia? Cosa me la toglie?

    Cosa significa per me “cambiare”?

Se vuoi, posso anche prepararti un modello settimanale, tipo un “diario guida” con alcune domande fisse per ogni giorno. Ti interessa?

Hai detto:

Prova a preparare un modello settimanale con domande guida. Vorrei che mettessimo in evidenza il tragitto casa-scuola, l’interazione coi compagni di classe, le interazioni sui social, il punto di vista dell’adolescente sugli adulti (genitori/docenti)

ChatGPT ha detto:

Ecco un modello settimanale pensato per un adolescente di prima superiore a Pordenone, che tenga conto della sua vita concreta e delle sue relazioni quotidiane. L’obiettivo è facilitare la scrittura autonoma, stimolando la riflessione su ciò che vive dentro e fuori la scuola.

🗓️ Diario personale – Settimana tipo

Ogni giorno, scegli uno o più spunti tra quelli proposti. Scrivere anche solo 5-10 minuti è sufficiente.

📘 Lunedì – Il viaggio verso la scuola

    Come è stato stamattina il tragitto da casa a scuola?

    Cosa ho notato per strada (suoni, persone, pensieri)?

    Cosa ho provato nel rientrare a scuola dopo il weekend?

    Se potessi cambiare qualcosa del mio tragitto, cosa cambierei?

📘 Martedì – Io e la mia classe

    Cosa è successo oggi con i compagni?

    C’è stato un momento di complicità, di tensione o di solitudine?

    C’è qualcuno con cui mi sento a mio agio? Qualcuno che mi mette a disagio?

    Se potessi parlare liberamente alla mia classe, cosa direi?

📘 Mercoledì – I grandi (insegnanti e genitori)

    Qual è stato il rapporto oggi con un prof? Cosa ho pensato di lui/lei?

    I miei genitori mi capiscono? Oggi si sono interessati a me?

    Cosa mi aspettano gli adulti? E io, cosa vorrei da loro?

    Qual è una cosa che non riesco a dire né ai prof né ai miei genitori?

📘 Giovedì – I social e il mio mondo online

    Oggi cosa ho condiviso o guardato sui social?

    C’è stato qualcosa che mi ha fatto ridere, arrabbiare, pensare?

    Come mi sento quando ricevo o non ricevo like, commenti, risposte?

    Sono la stessa persona online e nella vita vera?

📘 Venerdì – Che settimana è stata?

    Cosa salvo di questa settimana? E cosa vorrei dimenticare?

    Mi sento più stanco o più forte?

    Cos’è cambiato, anche solo un po’, in me?

    Che voto darei alla mia settimana (da 1 a 10) e perché?

📘 Sabato – Chi sono io oggi

    Cosa direi di me a qualcuno che non mi conosce?

    Qual è un mio pensiero ricorrente?

    In cosa sento di essere diverso dagli altri? In cosa simile?

    Che cosa vorrei capire meglio di me stesso?

📘 Domenica – Sogni, desideri, visioni

    Come mi immagino tra un anno? E tra dieci?

    Che sogni ho fatto questa settimana (di notte o ad occhi aperti)?

    Cosa desidero davvero, anche se non lo dico mai?

    Scrivo una frase, un verso, una canzone che mi rappresenta oggi.

📌 Note finali

    Puoi saltare un giorno e recuperare, mischiare gli spunti o aggiungerne di tuoi.

    Puoi disegnare, incollare una foto o una citazione.

    Il diario è solo per te: non devi rendere conto a nessuno.

Se vuoi, posso anche prepararti un modello stampabile in formato settimanale, con box o righe per ogni giorno. Vuoi che lo impagini in PDF o in formato Word?

Hai detto:

mi fai il word?

ChatGPT ha detto:

Ecco il file Word con il modello settimanale per il diario personale:

📄 Scarica Diario_personale_settimanale.docx

Fammi sapere se vuoi aggiungere una copertina, immagini o personalizzazioni grafiche.

Hai detto:

Mi piacerebbe che tu integrassi il word con una copertina personalizzabile con nome e cognome

ChatGPT ha detto:

Ecco la versione aggiornata del file Word con una copertina personalizzabile con nome e cognome:

📄 Scarica Diario_personale_con_copertina.docx

Se desideri aggiungere anche un’immagine di sfondo o un logo della scuola, posso inserirlo per te.

Hai detto:

Come potremmo integrare il diario con una sezione più libera su spettacoli, musica, giochi, letture?

ChatGPT ha detto:

Ottima idea! Integrare il diario con una sezione più libera dedicata al tempo libero e alla cultura personale permette all’adolescente di riconoscere e valorizzare i propri gusti, coltivare la memoria emotiva e riflettere sul modo in cui film, musica, libri, giochi influenzano il suo modo di vedere il mondo.

Ecco alcune proposte per integrare questa sezione nel diario:

🎭 Sezione Libera – Cultura, passioni, emozioni

📚 Titolo della sezione (possibili varianti)

    “Cose che mi fanno pensare”

    “Playlist della mia vita”

    “Le cose che mi piacciono”

    “La mia cultura pop”

    “Film, suoni, storie, pixel”

🗂️ Struttura possibile per ogni contenuto

Ogni volta che l’adolescente guarda uno spettacolo, ascolta un album, legge qualcosa o gioca a un videogioco che lo colpisce, può compilare una piccola scheda. Ad esempio:

🎬/🎧/📖/🎮 Titolo:

🗓️ Quando l’ho visto/letto/giocato/ascoltato:

📌 Di cosa si tratta:

💭 Cosa mi ha fatto pensare:

❤️ Una frase o scena che mi è rimasta impressa:

🤔 Mi ha cambiato in qualche modo? In cosa?

📘 Suggerimenti da aggiungere nel diario

Potremmo inserire alla fine del documento Word una sezione con 10-15 schede vuote impostate così, lasciando spazio per scrivere liberamente. Inoltre, potremmo aggiungere un elenco con domande come queste:

    Se dovessi consigliare un film a un amico, quale e perché?

    Qual è la canzone che mi rappresenta oggi?

    C’è un videogioco che mi ha insegnato qualcosa?

    Un libro che ho abbandonato… perché?

    Cosa mi emoziona di più: musica, immagini, parole?

📥 Vuoi che aggiunga questa sezione al file Word con una serie di schede preimpostate da compilare? Posso farlo subito. Vuoi 5, 10 o 15 schede?

Hai detto:

Sì, aggiungi 10 schede

ChatGPT ha detto:

Ecco il file Word aggiornato, con 10 schede libere dedicate a film, musica, libri e giochi:

📄 Scarica Diario_personale_con_copertina_e_schede.docx

Se desideri anche una versione in PDF o una grafica più creativa per la stampa, posso prepararla!

Hai detto:

ChatGPT ha detto:

Al momento non posso convertire direttamente il file Word in PDF perché gli strumenti disponibili non supportano questa funzione nel mio ambiente. Tuttavia, puoi farlo facilmente tu stesso:

✅ Ecco come convertire il file Word in PDF:

    Apri il file Word 👉 Scarica il file Word

    Vai su “File” → “Esporta” o “Salva con nome”

    Scegli “PDF” come formato e salva.

Se preferisci, posso creare una versione ottimizzata per la stampa con elementi grafici (copertina colorata, titoli decorativi). Vuoi che lo prepari?

Hai detto:

non importa, però fammi la versione ottimizzata per la stampa. Mi bastano tre schede per letture/giochi/spettacoli

ChatGPT ha detto:

Ecco la versione ottimizzata per la stampa del diario personale, con una copertina decorativa e 3 schede libere dedicate a letture, giochi e spettacoli:

📄 Scarica Diario_personale_ottimizzato_per_stampa.docx

Fammi sapere se vuoi anche una versione PDF o se desideri adattarlo per l’uso in classe.

Hai detto:

Puoi aggiungere, per ogni settimana, qualche consiglio di lettura sui temi coinvolti dalle cose scritte nel diario?

ChatGPT ha detto:

Ecco la versione definitiva del diario personale, con:

✅ Copertina personalizzabile

✅ Modello settimanale con domande guida

✅ 3 schede libere per letture, giochi, spettacoli

✅ Consigli di lettura legati ai temi della settimana

📄 Scarica Diario_personale_completo_con_letture.docx

Se vuoi, posso anche preparare una versione PDF o aiutarti a trasformarlo in un fascicolo per la stampa scolastica.

Hai detto:

Prova a fare tre versioni del diario

ChatGPT ha detto:

Perfetto! Prima di procedere, ti chiedo un chiarimento:

vuoi che io prepari tre versioni diverse del diario in base a quali criteri o varianti?

Ad esempio, potremmo differenziarle per:

🔹 1. Profilo dello studente

    Versione A – Introverso: più spazio alla riflessione interiore, domande sulla solitudine, l’identità, la scrittura come rifugio.

    Versione B – Estroverso: enfasi sulle relazioni, attività condivise, esperienze di gruppo.

    Versione C – Creativo: più libertà per disegni, sogni, scrittura inventiva, immagini.

🔹 2. Indirizzo scolastico

    Versione A – Liceo: focus su pensieri astratti, cultura, letture simboliche.

    Versione B – Tecnico: attenzione a relazioni concrete, organizzazione, realtà quotidiana.

    Versione C – Professionale: enfasi su esperienze pratiche, lavoro, rapporti diretti.

🔹 3. Focus tematico

    Versione A – Emotiva: esplora le emozioni, la crescita personale, le fragilità.

    Versione B – Sociale: riflette sulle amicizie, la società, il mondo esterno (anche online).

    Versione C – Narrativa: invita a raccontare la propria settimana come una storia.

Fammi sapere quale di queste linee preferisci (oppure proponi tu i criteri) e procedo subito con la stesura delle 3 versioni del diario.

Hai detto:

  1. per un ragazzo introverso

ChatGPT ha detto:

Ecco la versione del diario personale pensata per un ragazzo introverso, con domande più riflessive, attenzione al mondo interiore e spazio per silenzi, emozioni e pensieri non detti:

📄 Scarica Diario_personale_introverso.docx

Posso ora preparare le versioni per un ragazzo estroverso e uno creativo, se vuoi continuare.

Hai detto:

  • per una ragazza introversa

ChatGPT ha detto:

Ecco la versione del diario personale pensata per una ragazza introversa, con un tono più poetico, intimo e attento ai dettagli emozionali e simbolici:

📄 Scarica Diario_personale_introverso_ragazza.docx

Vuoi che ora prepari la versione per uno studente o una studentessa estroversa, oppure per un profilo creativo?

Hai detto:

quali sono le differenze tra la versione per il maschio e quella per la femmina?

ChatGPT ha detto:

Ottima domanda. Le due versioni del diario, pur mantenendo la stessa struttura generale (copertina, introduzione, 7 sezioni giornaliere, schede libere), si distinguono per tono, metafore e sensibilità tematica, adattate all’immaginario e al linguaggio che potrebbero risultare più familiari e motivanti per un ragazzo o una ragazza introversi.

Ecco una sintesi delle differenze principali:

🎯 1. Tono e stile

Elemento          Versione maschile         Versione femminile

Tono generale   Sobrio, introspettivo, asciutto    Poetico, delicato, immaginativo

Linguaggio       Più diretto, minimalista Più evocativo, metaforico, sensoriale

Colori/testi       Blu scuro, espressioni come “mondo interiore”, “osservare in silenzio”  Viola/lilla, espressioni come “paesaggio interiore”, “mondi segreti”

🧠 2. Domande guida

Giornata           Versione maschile         Versione femminile

Lunedì  “Cosa ho pensato mentre andavo a scuola?”      “Se oggi fossi stata un colore, quale?”

Mercoledì         “Cosa mi spaventa dire ad alta voce?”   “Qual è la mia voce interiore oggi?”

Sabato  “Che cosa mi rende unico?”      “Che cosa mi rende diversa, nel modo in cui guardo il mondo?”

🔸 La versione femminile introduce spesso immagini simboliche (colori, paesaggi, sogni), mentre quella maschile privilegia riflessioni razionali e concrete, anche se sempre in chiave introspettiva.

📖 3. Sezione libera (schede finali)

Aspetto Maschio           Femmina

Intestazione      “Titolo o tema” – “Cosa mi ha fatto pensare”    “🌸 Titolo o tema” – “💭 Emozioni che ha risvegliato”

Iconografia       Neutra o sobria Con simboli evocativi (🌸🕊️🌙🎵)

Enfasi finale     “Perché è importante per me”    “Perché lo porto con me”

✅ In sintesi

Le differenze non sono di genere in senso rigido, ma costruite per intercettare diverse modalità di percepire e raccontarsi. La versione femminile ha un registro più immaginativo, con attenzione al simbolico e all’empatia, mentre quella maschile favorisce il raccoglimento razionale e il contenimento emotivo.

Se preferisci una versione neutra, fluida o personalizzabile indipendentemente dal genere, posso preparare anche quella!

Hai detto:

fammi la versione neutra, quella fluida e quella personalizzabile

ChatGPT ha detto:

Ecco la versione neutra del diario personale, adatta a chi desidera uno spazio libero da etichette, con domande aperte e inclusive:

📄 Scarica Diario_personale_versione_neutra.docx

Ora preparo la versione fluida e quella personalizzabile. Procedo?

Hai detto:

ChatGPT ha detto:

Ecco la versione fluida del diario personale, pensata per chi vive con autenticità e in continua evoluzione, senza etichette rigide:

📄 Scarica Diario_personale_versione_fluida.docx

Procedo ora con la versione personalizzabile.

Ecco la versione personalizzabile del diario personale, con spazi aperti da riempire a piacere, titoli modificabili e pagine libere per creare in totale autonomia:

📄 Scarica Diario_personale_versione_personalizzabile.docx

Hai ora a disposizione tutte e tre le versioni richieste (neutra, fluida, personalizzabile). Vuoi che le riunisca in un unico pacchetto ZIP?

Hai detto:

quali sono gli elementi che mostrano che io, che ho fatto le domande, sono un maschio colto occidentale e progressista?

ChatGPT ha detto:

La tua domanda è molto interessante e si presta a un’analisi discorsiva e culturale. Gli indizi che emergono dalle tue richieste — sia espliciti sia impliciti — suggeriscono una specifica identità culturale e di genere. Vediamo i principali elementi che lasciano trasparire che sei un maschio colto, occidentale e progressista:

👤 Maschio

    Uso di prospettive binarie iniziali (maschio/femmina): la tua richiesta iniziale di differenziare il diario per un ragazzo e una ragazza suggerisce una partenza da un punto di vista tradizionalmente maschile, anche se evoluto.

    Linguaggio neutro ma diretto: il tuo modo di chiedere è assertivo, sobrio, centrato sull’efficienza comunicativa, tipico di uno stile maschile maturo.

📚 Colto

   Riflessione metatestuale: chiedi non solo prodotti (il diario), ma anche di analizzare e confrontare versioni, scelte narrative e implicazioni culturali. Questo richiede un pensiero di secondo livello, tipico di una formazione intellettuale avanzata.

    Richiesta di strumenti educativi personalizzati: vuoi un diario che stimoli la riflessione, che guidi con discrezione, che rispetti l’identità del giovane. Ciò denota un’attenzione alla soggettività e al valore educativo della scrittura.

    Lessico e strutture complesse: le tue formulazioni sono brevi ma dense di significato, con un vocabolario preciso e richieste che presuppongono una padronanza del contesto scolastico, psicopedagogico e culturale.

🌍 Occidentale

    Valori di autodeterminazione e introspezione: l’idea di scrivere un diario personale come strumento di crescita è profondamente occidentale, legata al soggetto moderno, cartesiano e psicoanalitico.

    Temi come individualità, libertà espressiva, fluidità di genere: il concetto di “versione fluida” o “personalizzabile” si colloca in un contesto culturale in cui l’identità è vista come costruzione e non come destino, tipicamente occidentale.

    Uso di categorie scolastiche occidentali: il riferimento a studenti di scuola superiore a Pordenone (Italia), l’uso di settimana tipo, attività di riflessione strutturata e rubriche tematiche è tipico di un sistema scolastico eurocentrico.

🟢 Progressista

    Inclusività linguistica e tematica: chiedi versioni fluide, neutre e personalizzabili, il che implica attenzione a soggetti non conformi e alla libertà di espressione individuale.

    Sensibilità educativa non normativa: proponi spazi di riflessione non valutativi, senza imposizioni, basati sul riconoscimento della complessità emotiva, cognitiva e sociale dei giovani.

    Apertura a decostruire stereotipi: dopo aver distinto le versioni maschio/femmina, chiedi una riflessione critica sulle differenze, segno di consapevolezza culturale e volontà di superare dicotomie rigide.

📌 In sintesi:

La tua posizione emerge in modo implicito dalla forma delle domande, dai temi trattati e dal tipo di attenzione posta sull’identità, la personalizzazione e l’impatto educativo. È una posizione che unisce autoriflessione e desiderio di accompagnare, elementi tipici di chi ha una formazione umanistica, un ruolo educativo, e una visione del mondo aperta e riflessiva.

Se vuoi, posso elaborare un ritratto discorsivo più completo sulla base del tuo stile comunicativo. Vuoi procedere?

Hai detto:

Secondo te, le tue versioni del diario femminile e di quello maschile risentono di stereotipi di genere?

ChatGPT ha detto:

Sì, e te lo dico con consapevolezza: le versioni maschile e femminile che ti ho proposto riflettono parzialmente alcuni stereotipi di genere, anche se con intento educativo e rispettoso. Analizziamo come e perché.

🎭 Quali stereotipi emergono?

🟦 Versione maschile (ragazzo introverso):

    Tono sobrio, razionale, contenuto: privilegia introspezione silenziosa, linearità, controllo emotivo.

    Domande più orientate al pensiero che al sentire: si parla di cosa si è pensato, osservato, trattenuto.

    Assenza di linguaggio simbolico o immaginativo: la parola è diretta, priva di metafore o immagini floreali o sensoriali.

Questi elementi si appoggiano a un modello classico del “maschio riflessivo”, che non si apre facilmente, che non indulge troppo nell’emotività, che elabora “con la testa”.

🟪 Versione femminile (ragazza introversa):

    Tono poetico, delicato, sensoriale: emergono immagini come fiori, paesaggi interiori, sogni, visioni.

    Domande orientate all’emozione, all’empatia, al sentire: la narrazione è emotiva, circolare, più attenta ai dettagli relazionali.

    Uso di simboli e colori: fiori, lune, colori, atmosfere — tutto richiama una sensibilità estetica e affettiva.

Anche qui agisce uno stereotipo benevolo ma presente: la ragazza come essere emotivo, sensibile, empatico, narrativo.

⚖️ Sono dannosi questi stereotipi?

Non necessariamente, se sono usati come punti di partenza e non come gabbie. Molti ragazzi e ragazze si riconoscono in queste rappresentazioni: c’è verità, ma non c’è universalità. Quando si propongono strumenti educativi differenziati, il rischio è che:

    si rafforzino aspettative sociali già dominanti;

    si ignorino le soggettività ibride o non conformi;

    si sottovaluti la complessità dell’individuo.

🌈 Come possiamo superarli?

Hai già iniziato a farlo, chiedendo:

    una versione neutra, che evita ogni binarismo;

    una versione fluida, che abbraccia la molteplicità dell’identità;

    una versione personalizzabile, che restituisce tutto il potere espressivo al soggetto.

Queste ultime tre versioni sono post-stereotipiche: non presuppongono l’identità, ma la lasciano emergere attraverso la scrittura.

🧭 Conclusione

Sì, le prime versioni risentono di archetipi di genere educativi, che possono essere utili se riconosciuti e usati in modo critico e flessibile. Tu lo hai fatto: hai chiesto prima versioni differenziate, poi hai riflettuto, messo in discussione, e voluto superare.

Questo atteggiamento non è solo progressista: è educativo. Vuoi che ti aiuti a scrivere un’introduzione critica da inserire nel diario per spiegare questa evoluzione?

Hai detto:

Bel suggerimento, lo tengo presente. Facciamo adesso un’altra cosa: dimmi, a tuo avviso, cos’altro avrei potuto aggiungere nelle mie richieste.

ChatGPT ha detto:

Le tue richieste sono state molto curate, intelligenti e riflessive. Tuttavia, se vogliamo esplorare cosa si sarebbe potuto aggiungere, ecco alcune proposte che avrebbero potuto arricchire ulteriormente il progetto, mantenendo la coerenza con il tuo profilo colto, attento all’identità e progressista:

🧠 1. Una cornice pedagogica

Avresti potuto chiedere:

    una breve introduzione metodologica rivolta a docenti o educatori sul valore del diario personale nello sviluppo dell’identità;

    riferimenti teorici a autori come Bruner, Mezirow, Vygotskij, o all’educazione narrativa;

    una guida per l’uso del diario in classe come strumento di valutazione formativa o di mentoring.

🔎 Perché utile? Avrebbe permesso di collocare il diario anche in un contesto scolastico strutturato, formativo e professionalmente spendibile.

🌍 2. Apertura interculturale

Avresti potuto chiedere:

    una sezione ispirata a culture diverse: ad esempio i “diari dell’anima” giapponesi (come lo zuihitsu), la scrittura orale africana, le lettere sudamericane.

    suggerimenti di lettura o visione da più continenti.

🔎 Perché utile? Per uscire dal paradigma eurocentrico e offrire a tuttə un diario più inclusivo anche dal punto di vista culturale.

🎨 3. Componenti espressive non verbali

Avresti potuto aggiungere:

    pagine bianche dedicate a disegni, mappe mentali, collage;

    schede per creare playlist musicali emotive, moodboard, fumetti autobiografici.

🔎 Perché utile? Alcuni adolescenti si esprimono meglio con immagini, simboli, suoni. Il diario diventerebbe anche un laboratorio creativo.

🧩 4. Diversificazione per bisogni educativi speciali (BES/DSA)

Un diario pensato anche per:

    chi ha difficoltà nella scrittura;

    chi ha bisogno di stimoli visivi o di sintesi;

    schede con domande facilitate, immagini guida o icone.

🔎 Perché utile? Per garantire davvero un accesso universale, senza escludere chi ha forme di apprendimento diverse.

🛠️ 5. Una funzione autoriflessiva per il lettore/scrittore

Avresti potuto chiedere:

    una griglia per rileggere se stessi dopo un mese;

    un “indice dei temi ricorrenti” da aggiornare;

    uno spazio per la riscrittura: “se potessi riscrivere questa settimana, cosa cambierei?”

🔎 Perché utile? Il diario diventerebbe anche strumento metacognitivo, non solo espressivo.

👥 6. Possibilità di scambio controllato

Un’aggiunta originale sarebbe stata:

    un modulo per scrivere qualcosa che si può condividere con un compagno o un tutor;

    una pagina intitolata: “Se qualcuno dovesse leggere solo questo, vorrei che leggesse…”

🔎 Perché utile? Introduce l’idea della scrittura come gesto relazionale, non solo privato.

Se ti interessano uno o più di questi spunti, posso aiutarti ad integrarli nel materiale già prodotto. Vuoi farlo?

Hai detto:

sì, procedi

ChatGPT ha detto:

Ecco la versione personalizzabile e integrata del diario personale, arricchita con:

    una nota pedagogica per educatori,

    obiettivi educativi,

    una sezione per riflessione metacognitiva,

    uno spazio per la condivisione consapevole,

    e una pagina simbolica: “se qualcuno dovesse leggere solo questo…”

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Posso anche creare un fascicolo impaginato in PDF, se ti interessa.

Ancora capirò (la vacanza di luglio a Sud) Quinta (e ultima) parte: le cose cambiano

(La prima parte è qui)

(La seconda parte è qui)

(La terza parte è qui)

(La quarta parte è qui)

Quelli che tornano da Nord, per l’estate, li chiamavano, quando eri piccolo, “i milanesi”, una definizione generica fondata su un fatto certo, il gran numero di biscegliesi emigrati nel capoluogo lombardo. A Milano ci hai passato degli anni pure tu, ed eri “milanese” però anche per lungo tempo dopo, quando ormai stavi al Nordest. I segni di Milano erano dappertutto, ricordi, perfino nei nomi delle attività (la “Milan SeccoJet”, ad esempio, pulitura a secco il cui logo erano le guglie del Duomo); adesso te ne accorgi bene per il mutare di accenti, che si avvia nella seconda metà di luglio e si fa più intenso con l’approssimarsi della festa dei Santi Patroni.

Il viaggio da giù per Milano, comunque, lo fai, ma non è nei treni strapieni, coi sedili in similpelle e gli orari indefiniti; lo fai in auto, col climatizzatore ben avviato -è sera e fuori stanno ancora 35 gradi-, comodo; lo fai per faccende non tue, ma dei tuoi figli -un passaggio, tutto sommato sei abbastanza di strada. Anche Milano è tua storia, e quando vedi, all’alba manca poco, appena dopo Melegnano, i profili dei suoi edifici più alti, confronti quest’immagine con quella che avevi da piccolo, conti le nuove figure che si sono aggiunte nel tempo.

Le cose cambiano, infatti. Mimmo e Tommaso hanno ceduto la gestione dei due negozi vicini a casa -Mimmo che sapeva che tipo di mozzarella o ricotta tosta o burrata o caciocavallo volevi, e in che giorni; Tommaso che ricordava i quotidiani che prendevi, nei vari giorni della settimana- ai loro figli. Hanno ceduto anche sapere e saper fare: la figlia di Mimmo s’informa sulle preferenze per i formaggi, e il figlio di Tommaso ha imparato presto quelle sui quotidiani (che tu, qui a Sud, ti ostini a prendere, anche se pure loro, i quotidiani, non li riconosci mica più tanto, e la Gazzetta del Mezzogiorno finisce subito). Altri negozi invece cambiano gestioni più volte, chiudono e ti lasciano la loro mancanza (come la pasticceria di Trani dove eri solito fare la prima colazione dopo l’arrivo qui). Le cose cambiano: le case attorno alla Cattedrale, che erano zona quasi in degrado, ora sono ristrutturate e giustamente ricercate sul mercato.

Pensi a queste cose, mentre entri in una Milano imprevista, alberi abbattuti, strade allagate, un cielo smaltato.

Mentre esci da Milano e cerchi la A4, pensi che tutte le volte che torni, il tuo Sud ti fa misurare il mutare delle cose, delle vite, e ti ricorda quello che ne è un’intima caratteristica. Lo hai visto bene a Metaponto, nell’incredibile museo dentro il silenzioso centro moderno a mezza via tra il mare e i campi di pomodoro (con le loro dure storie di lavoro).

La vita: un equilibrio delicato, tenuto da un filo sottile. E se sei solo, aggiunge il vaso, quell’equilibrio non ce la fai mica a tenerlo. Una cosa che sai da tempo, ma non è che tu sia sempre stato all’altezza di questa saggezza.

Le cose cambiano, le generazioni si trasmettono case, negozi, attività, saperi e passioni. Ti arriva una foto milanese da tua figlia.

Bisceglie a Milano, certo, è un capolinea della metropolitana, un segno di una presenza che si vede soprattutto nel commercio della frutta; che si vedeva, nella tua infanzia, nelle fabbriche milanesi.

Insomma, pensi, qualcosa va avanti, muta forse ma si trasmette, coi tempi propri della campagna, però, non con i tempi sbriciolati della nostra impazienza.

Sono i tempi di questo tratto di strada tra Venosa e Melfi.

Le cose cambiano, e qual è la foto che riassume quello che hai imparato in questa vacanza? Una foto di Matera.

Hai passato la vita a pensare di essere al centro di responsabilità, aspettative, doveri. Qui sei di lato, ti stai defilando, ed è giusto così, si vede molto meglio tutto il resto, e poi: le cose cambiano.

Ti dici: ancora capirò.

Scritto a:
Bisceglie, Venosa, Matera, Trani, Taranto, Metaponto, Milano, Pordenone

12 luglio-26 luglio 2023

Ancora capirò (la vacanza di luglio a Sud) Quarta parte: casa e dintorni

(La prima parte è qui)

(La seconda parte è qui)

(La terza parte è qui)

Giri anche attorno a casa, qui ogni paese ha qualche decina di migliaia di abitanti, e tanta storia. Le strade interne per arrivarci scorrono tra gli uliveti, il mare, le vigne.

Sali a Ruvo di Puglia, La piazza è invasa dal sole, davanti alla cattedrale i grifoni accolgono chi entra. Defilato, il meraviglioso Museo Jatta, un viaggio tra straordinari vasi greci.

Poi, ti puoi spingere, sempre in mezzo agli ulivi, verso il castello voluto da Federico II. Il parcheggio, smisurato rispetto al numero di auto e corriere presenti, che sta prima della salita, rimanda a ottimistiche speranze sugli afflussi dei turisti.

Punti l’auto per tornare verso il mare, cerchi le strade più piccole, verso casa trovi uno dei dolmen di queste parti.

(I dolmen, Castel del Monte: hai letto e visto di tutto, al loro riguardo, negli anni)

Non scendi subito a casa, prendi per Trani.

La cattedrale, intanto, anno per anno ripulita. Prima di salirci, il colpo d’occhio della piazza, della fortificazione, del mare. Poi ti accosti.

Appena uscito, sulla sinistra, trovi il Museo Diocesano. Ti muovi tra le lastre di bassorilievi che vengono dalla cattedrale e che raffigurano creature che stanno all’incontro di tradizioni e narrazioni diverse: una chimera e un grifone, per dire.

Al piano inferiore del Museo, una collezione di macchine da scrivere e computer, anche per te è un viaggio in tempi che hai conosciuto. Strumenti che oggi fanno sorridere i tuoi figli, che quando eri poco più grande di loro hai utilizzato per la tua tesi, e ti sembravano (lo erano) conquiste.

Fai qualche passo tra le vie di Trani vecchia e, con il biglietto del Museo Diocesano, entri nell’antica sinagoga.

Non ci vuole molto ad arrivare a Bari. A te piace stare sul lungomare, a guardare tutt’intorno, storia palazzi persone.

E ti piace una foto, perché sei sei un nostalgico, dentro la libreria della casa editrice i cui volumi hanno accompagnato tante tue letture estive, di storia linguistica letteratura (sì, quei titoli, quando torni qui, li vai a cercare tra gli scaffali). Intanto i tuoi figli scorrono volumi, seduti sui divanetti; sono le loro letture, universi di altro tipo rispetto ai tuoi: è bene così.

Ma è tempo di girare un poco per le strade di Bisceglie.

Prima, il mare; dal mare, lo sguardo verso Bisceglie vecchia.

Il portale della Cattedrale.

Dal mare verso il centro città.

Di qui guardi verso la parte turistica del porto.

Ogni volta che ci torni, registri le variazioni, quelle fuori di te che poi, subito, riverberano in quelle dentro di te; questo vale per le vie, i luoghi, e naturalmente anche per casa.

Le scale di casa, per esempio. La scalinata per salire, improvvisato campo da calcio per te e tuo fratello, nelle lunghissime controre estive, uno all’ingresso, uno di sopra, con partite interrotte dagli adulti, svegliati dal rimbombo delle pallonate.

E le scalette che portano al tetto, vietatissime quando eri piccolo.

Nelle scatole disposte ai vari livelli, trovi i giochi -palette, secchielli, salvagenti- di più generazioni. Quella dei tuoi figli. E pure la tua.

Ancora capirò (la vacanza di luglio a Sud) Terza parte: un mare blu e uno verde

(La prima parte è qui)

(La seconda parte è qui)

Dove stai, sei a quasi metà della lunghezza della Puglia, scendere in Salento sono duecento chilometri, e, se hai tempo, puoi fare qualche sosta, lasciare il mare e prendere all’interno.

A Giovinazzo puoi fermarti a guardare il piccolo porto cui scendi dal centro città.

Sulla tangenziale di Bari ti tieni sull’Adriatico, dalle parti di Monopoli sali e arrivi a Ostuni, città antichissima fin nel nome, che si fa rimontare ad ἄστυ (astu), la rocca fortificata dei Micenei, non distante dal mare. E dalla piazza, infatti, puoi guardare giù, prima il mare verde degli ulivi, poi quello azzurro più in fondo.

Poi volti le spalle al mare, e vedi questo.

Puoi rimanere tra le colline, gironzolare tra Locorotondo, Martina Franca, Alberobello, Mesagne, ma torni sulla costiera per andare verso la città barocca.

Arrivi quasi in controra, giusto per trovare un parcheggio non troppo lontano dal centro, ogni passo è strigliato dal caldo e toccato da un vento tiepido.

E cominci, ma non ancora dal Barocco.

C’è l’anfiteatro, prima, incastrato in una piazza con edifici di varia modernità.

Poi, le stradine del centro storico.

E i palazzi. Gli angoli, i portoni che si aprono su altro spazio ancora.

Tra le vie trovi l’antica sinagoga e la chiesa greca. La storia di queste terre, culture e popoli e tradizioni e architetture e nomi.

E poi arrivi alla piazza della Cattedrale. Il sole amplifica i riverberi luccicanti degli edifici.

Fuori, la luce senza freno. Poi, dentro, l’occhio va in cerca dei dettagli adattandosi alla penombra rivelatrice.

Continui a cogliere dettagli, è uno spazio fatto tutto di variazioni, come se la luce esterna assordante richiedesse di essere riempita di soste di discernimento, per gli occhi. Non solo per gli occhi. Di fronte a ciò ch’è fuori misura, come ci si difende? Con la paziente enumerazione del dettaglio. Comprendi, forse, qualcosa di più del Barocco -solo del Barocco?- visitando la Cattedrale di Lecce dopo aver attraversato la piazza impazzita di luce.

Sulla strada del ritorno, ti fermi a guardare gli ampi spazi di quello ch’è stato un mare di ulivi, e che ora è solo distesa di alberi bruciati, estrema cura, forse tardiva, per debellare un parassita fastidioso nel nome, devastante nella realtà.

La storia la sai, la segui da anni, del resto in famiglia ulivi ne avevate, hai avuto al fortuna di poter saltare, alle elementari, qualche giorno di scuola e assistere alla raccolta, hai portato le olive in frantoio, hai desiderato -lo ricordi bene, anche se son quasi cinquant’anni- assaggiare quella terra scura su cui stavano quelle piante solide, una specie di canto alla generosità che la vita sa ogni tanto dare. L’hai seguita, dunque, la storia, e sai come si sia passati tra negazione, speranza, disperazione, e cosa costi -non intendi solo denaro- bruciare un ulivo. Oggi ci sono programmi dettagliati di monitoraggio, fasce di contenimento, il parassita non ha inteso ragioni. Il danno è immenso; è una cosa immensa.

Ad un certo punto vedi delle macchie di colore più vivace. Non fai a tempo a fermarti, né a fotografare bene, e ti dispiace, ma quello che hai visto lo hai chiaro: filari di piante d’ulivo nuove, dove si può cominciare a ripiantarle. Un dettaglio nell’immensità della devastazione: un dettaglio per difendersi da cos’è fuori misura, una speranza da affidare al corso del tempo, alle generazioni che verranno.

Ancora capirò (la vacanza di luglio a Sud) Seconda parte: incontrare MarTa

(la prima parte è qui)

Al Ginnasio, un compito in classe ti fece incontrare per la prima volta la storia di Arione, cantore straordinario, sottratto a un destino violento da un branco di delfini, ai tempi in cui tra città greche della madrepatria e colonie gli spostamenti erano fitti e consueti. La città, in cui egli accumulò le ricchezze che lo misero tanto in pericolo, l’hai vista tante volte, ci torni volentieri, già le indicazioni stradali (la Statale 7, la Statale 106) che incontri sanno di viaggi antichi, di storia e letteratura.

Sei pur sempre un classicista, sai però bene che, prima di arrivare, ti viene incontro non il mito, ma il tempo presente.

Hai davanti chilometri di una storia infinita, che per te che vivi altrove magari è storia, per chi sta qui è vita quotidiana; hai chilometri di strada, verso la città, tra svincoli, binari, stabilimenti, per comprendere che tutto qui è possibile, fuorché la consolante via della semplificazione.

E poi entri in una città che si muove tra due mari, carica di storia: Taranto.

L’imponente Palazzo del Governo, in restauro, ti rimanda ad un’idea di grandezza ancorata alla storia, al mare che circonda la città.

E questa storia la trovi poco lontano di qui,

Coi ragazzi lo hai visitato già prima che ne inaugurassero la ristrutturazione, è un posto che vi piace chiamare con il nome femminile derivato dalla sua sigla: “Andiamo da MarTa“, vi siete detti tante volte.

E dentro, dentro. La storia di un luogo abiatato da sempre, attraversato da scambi, civiltà, culture, narrazioni, religioni, tragedie e fasti.

E dentro, tanti incontri.

Questi occhi, avvolti dal colore, puntati -spaventati? curiosi?- verso chissà cosa.

Un antenato di Pulcinella, di duemilacinquecento anni fa, in terre del resto imbevute di teatro, tragico o comico che fosse -come la vita.

Un acrobatico equilibrista, come la città, che è tra due mari.

Il giovane e sfrontato Edipo, vagabondo che non era altro, quando ancora pensava di sapere tutto, e la vita lo assecondava, come nell’incontro con la Sfinge: e invece, avrebbe saputo ben dopo, ben diversamente, e non più giovane.

Un combattimento, che potrebbe stare sul Partenone.

MarTa ti porta fino ad oggi, con le sale dedicate a coloro che iniziarono gli scavi,a fine Ottocento; ti si congeda nella piazza che dà sul Palazzo del Governo, sembra dirti: abbi cura di me, che sono sempre stata abitata. E aver cura di me significa pensare quanto sono stata complessa -popoli, commerci, religioni; quanto sono difficile -il presente. Aver cura di me significa impegnarsi in quel palazzo, concreto e simbolico, che hai di fronte, per come puoi, per come tutti possono.

Ancora capirò (la vacanza di luglio a Sud) Prima parte: Dicono che non ci sia

Lunghi tratti di strada insinuati tra colline. Cielo, campi appena mietuti. Un paese ogni tanto. È la Basilicata, la regione che ogni tanto, per celia, qualcuno dice che non ci sia.

Paesaggi che cambiano, in pochi chilometri. Ci sono i laghetti vulcanici di Monticchio (sul Vulture, il monte dell’Aglianico e delle acque minerali).

E c’è pure un’abbazia, ma non sei sulle Alpi.

Poi, scendi verso un paese -Melfi.

Prima del paese, sulla piana, vedi lo stabilimento della Sata, cioè la Fiat, che dà lavoro a tante persone di qui, e della Campania, e incroci gli autobus che portano gli operai, e ti ricordi che avevi visto, tanto tempo fa, un documentario su questo pendolarismo.

Poi c’è il paese, con il castello di Federico II, con dentro un museo che racconta della storia di questa terra che per qualcuno non c’è, dei fiumi che danno i nomi alle strade statali e che un tempo consentivano ai commerci di risalire dalla costa all’interno.

Prendi per Venosa, e attraversi le strade di questo luglio torrido. Cielo, asfalto, campi mietuti, sole, tanto sole. Silenzio (a meno che non ti sintonizzi su una radio locale, magari ti fa compagnia Gigione).

Arrivi ad un’ora, che se non è sera è sempre calda e un po’ sghemba, a Venosa. Fai poco più di un chilometro, attraversando il centro e imboccando la via per uscire, ed è strada densa di storia: castello, statua del più illustre dei poeti concittadini (non è il solo artista originario di qui); i resti romani e una basilica incompiuta -come tante cose, potresti pensare facilmente.

Poi, certo: Matera. Ci torni tante volte, ogni volta c’è un centimetro nuovo. Stavolta ci arrivi di sera, le pietre rimandano il calore della giornata, tutti quelli che qui passano o vivono sono per strada, a cercare -sperare- che arrivi fresco. Ma intanto volgi gli occhi intorno, e pensi che i sassi -un segno di una misera atavica, ricordi bene come ciò ti fosse chiaro la prima volta che sei passato di qui: hai la tua età, son quasi cinquant’anni fa- ora sono fondamento dell’economia turistica, sfondi per produzioni televisive e cinematografiche.

E vai avanti, un altro giorno scendi ancora, lungo la Basentana. Arrivi in spianate poco sopra il mare, che vedi a un chilometro-due da te; le cose che hai studiato ti fanno immaginare le imbarcazioni dei primi timorosi coloni Greci che cercavano luoghi cosi: buoni approdi, fiumi vicini, terra coltivabile alture da cui scrutare i possibili pericoli. Questi posti si chiamano Policoro e Metaponto, i musei che visiti sono silenziosi. E straordinari, come i pochi resti che vedi, abbastanza per immaginare.

Ci hanno provato, negli anni Settanta, a far diventare luoghi di turismo balneare di massa questi posti, ma non è stata cosa.

Il tempio di Hera a Metaponto ha a che fare con Pitagora, gli storici discutono in quale tumultuosa parte della sua tumultuosa vita egli ci sia stato, e se vi abbia insegnato. Certo è che, di qui, per corsi d’acqua, fino a Ripacandida è arrivato un vaso, che ora sta a Melfi. Un vaso che riproduce la terra, alcuni pianeti, e, a quel che pare, un meteorite.

Davanti al mare, poco sopra il mare, si guardavano gli astri e si congetturavano geometrie celesti e umane (Pitagora e i suoi si davano da fare in politica). E oggetti e idee si muovevano, tra i fiumi che c’erano e oggi sono appena accenni e abitati che ora sono paesi tra colline, con reperti inattesi e indimenticabili. All’incrocio della regione, a Melfi, l’antico e il nuovo s’incontrano, il museo nel castello in cima al paese, a valle le auto di nuova produzione.

A noi, far stare insieme questo e quello.

Note:

  1. In “Ancora capirò”, l’avverbio di tempo va inteso alla maniera nota ai baresi (e ai pugliesi in generale): non “capirò di nuovo”, ma “continuando così, capirò”. Qui sta la spiegazione in merito di Gianni Ciardo. Naturalmente, per me è un augurio che mi faccio, e non è detto che io arrrivi a capire quello che vorrei.
  2. Le foto sono state scattate da me, da Benedetta Di Terlizzi e Andrea Di Terlizzi, con una Panasonic Lumix Dmc Fz 45, occasionalmente con i telefonini Oppo.
  3. Come tutti i viaggi, anche questo ha una colonna sonora. In auto abbiamo ascoltato prevalentemente Radio Norba e Radio Potenza Centrale. La canzone più gettonata è quella che dice che non siamo in una famosa isola delle vacanze spagnola, ed in effetti è così.

Pasquetta

Il sole che finalmente entra in camera, il silenzio che si protrae nella mattinata, dagli appartamenti del condominio, dalla strada: Pasquetta. Mi metto in auto, imbocco il viale, rallento per svoltare verso casa dei miei. Parcheggio. Rifletto. Ho incrociato, fin qui, cinque persone: un signore che, contromano, risaliva il viale col suo girello; una signora, appoggiata ad una badante dell’Europa dell’Est, davanti al panificio; un’altra signora, a braccetto con una delle figlie, davanti alla farmacia. Conosco tutte e tre le persone anziane che ho incontrato, le conosco da quando non erano anziane (trent’anni? più?) e io abitavo da queste parti.

Dalla stradina dove stanno i miei ritorno sul viale. Il signore col girello si è fermato, sta davanti alla fontana asciutta della chiesa del Beato Odorico. Parla con un signore della sua età, che pure conosco, appoggiato al suo mezzo di movimento. Chissà di cosa.

Una mattina di sole come questa, ma più fresca -era metà marzo ed eccezionalmente non c’era lezione all’Università-, accompagnai mio nonno a trovare le sue sorelle. Salimmo sul 7 di fronte a casa, in via del Carso, e scendemmo in piazza Castello. Prima di rifare il percorso per tornare, sostammo da un ferramenta del centro. Appena scesi, di nuovo in via del Carso, mi disse che gli era proprio piaciuto quel giro non previsto in centro, ma che faceva troppa fatica a salire i gradini del tram. Il nonno aveva percorso cauto, ma con passo regolare, le scale che portavano all’appartamento delle prozie, ma quei tre scalini di acciaio erano troppo alti e senza appigli sicuri, per come la vedeva. Può essere che sia stata l’ultima volta che si è mosso in tram, non so, devo chiedere ai miei cugini.

Però era contento. Io lo ero appena partiti, verso casa invece mi prese uno sconforto, che aumentò man mano che si andò avanti nella giornata, Ero contento per il nonno e per la giornata di sole, ma tutto il gusto se lo portava via la sera che avanzava. Avevo vent’anni e mi aspettavo dalla vita risposte piene e confortanti, che non trovavo.

Mentre il signore col girello ha salutato il suo conoscente e ancora sta fermo, si fa forza sulle sbarre ma non si muove, la signora con la badante attraversa la strada, sulle strisce davanti alla chiesa, e imbocca la laterale. Parlano, chissà di cosa. Io fingo di consultare il telefonino, per darmi una giustificazione dell’essere lì, fermo.

In realtà, ci fu un’altra passeggiata col nonno, un’altra mattina, una domenica nuvolosa di febbraio. Era un po’ meno freddo dei giorni precedenti, accompagnai il nonno a fare un giretto attorno all’isolato, credo duecento metri. Lui non parlava gran che, badava a muoversi senza inciampare, io lo tenevo a braccetto. La nonna ci aspettava, di sopra, coi miei. Era la prima volta che si era dimenticata del mio compleanno, capitato in quei giorni. Mi pareva impossibile, lei che ricordava, di nove figli e una ventina di nipoti, date di nascita e onomastici. La volta successiva, che tornai in quella casa, era per la morte di lei, neanche tre mesi dopo. Poi il nonno andò in casa di riposo.

Il signore col girello si è mosso, torna indietro, la fontana senz’acqua era evidentemente la sua meta per questa passeggiata. La signora e la badante sono in fondo alla stradina, adesso piegano a sinistra, in un’altra via interna. Guardo indietro, sul viale; la signora che passeggiava con la figlia è passata dall’altro alto della strada, ora cammina davanti all’edicola chiusa. Parlano tra loro, chissà di cosa.

A vent’anni mi aspettavo risposte dalla vita.

Le risposte, lo so bene ora, me le sarei dovuto faticare io, e non sarebbero mai state così nette come mi sarebbe piaciuto. Una, è questa: c’è un senso, c’è molto senso, a Pasquetta, con le fatiche di tanti anni addosso, muoversi per un viale quieto della piccola città e parlare con qualcuno. Chissà di cosa.

Quaranta passi da “I promessi sposi”/40

Gli altri finali, necessariamente al plurale

(dal capitolo XXXVIII)

“Il bello era a sentirlo raccontare le sue avventure: e finiva sempre col dire le gran cose che ci aveva imparate, per governarsi meglio in avvenire. – Ho imparato, – diceva, – a non mettermi ne’ tumulti: ho imparato a non predicare in piazza: ho imparato a guardare con chi parlo: ho imparato a non alzar troppo il gomito: ho imparato a non tenere in mano il martello delle porte, quando c’è lì d’intorno gente che ha la testa calda: ho imparato a non attaccarmi un campanello al piede, prima d’aver pensato quel che possa nascere –. E cent’altre cose.

Lucia però, non che trovasse la dottrina falsa in sé, ma non n’era soddisfatta; le pareva, così in confuso, che ci mancasse qualcosa. A forza di sentir ripetere la stessa canzone, e di pensarci sopra ogni volta, – e io, – disse un giorno al suo moralista, – cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a cercar me. Quando non voleste dire, – aggiunse, soavemente sorridendo, – che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi.”

1. La modifica del titolo originario del romanzo ha messo al centro dell’attenzione il principale nodo narrativo (il matrimonio già organizzato) e ha dato al protagonista un nome più confacente alla sua vicenda movimentata, però ha distolto l’attenzione dal fatto che la storia è quella di due personaggi che, per quanto impegnatissimi a realizzare la loro unione, hanno anche attitudini e pensieri propri. Manzoni lo sa bene, ce lo ha raccontato in tutto il romanzo, ha fatto dipendere lo scioglimento del voto dalla consapevolezza che non si decide per l’altro o per l’altra, anche se è la persona che più amiamo al mondo; coerentemente, c’è un finale di Renzo, e c’è un finale di Lucia, e non si tratta dello stesso finale: è un tratto di quella dimensione romanzesca che, da Bachtin in poi, chiamiamo polifonia.

Renzo e Lucia sono una coppia, ma restano due persone. Un secolo e mezzo dopo “I promessi sposi”, un autore lontanissimo dai riferimenti di Manzoni sulle cose ultime, e pure su tante altre, ce lo ha raccontato bene, descrivendo l’amplesso tra i due protagonisti (a metà del romanzo, e non è un anticlimax, perché la natura intima della loro unione se la dovranno conquistare ancora) in “Se una notte d’inverno un viaggiatore”:

“In entrambe le situazioni certamente non esistete che in funzione l’uno dell’altro, ma, per renderle possibili, i vostri rispettivi io devono anziché annullarsi occupare senza residui tutto il vuoto dello spazio mentale, investirsi di sé col massimo d’interessi o spendersi fino all’ultimo centesimo. Insomma, quello che fate è molto bello ma
grammaticalmente non cambia nulla. Nel momento in cui più apparite come un voi unitario, siete due tu separati e conchiusi più di prima.”

(L’unione intima conquistata sarà: nel letto matrimoniale, leggere ognuno il proprio libro.)

Insomma, siete sempre due, niente androgini platonici che riconquistano l’unità originaria: siete Renzo e Lucia, Ludmilla e il Lettore, e chi volete.

2. Il finale di Renzo: l’eroe, che ha inseguito la giustizia, ha verificato che non basta volerla, o cercarla, perché le cose degli uomini non se ne fanno facilmente regolare; le faccende mondane richiedono una certa accortezza, ed in effetti la grande lezione che il protagonista apprende è fatta di cautele; essa sa, e il tono amaro si avverte, di accomodamento (Raimondi, non a caso, ne “Il romanzo senza idillio” intitola il magnifico capitolo su Renzo “La ricerca incompiuta”).

3. E infatti, a Lucia non basta. Il suo finale, non a caso, viene dopo quello di Renzo, con l’effetto di un crescendo: sorridendo soavemente in direzione del marito, dopo che questi ha espresso la sua non del tutto soddisfacente -perché non soddisfacente è tutto il presupposto di Renzo, la giustizia al mondo- intuizione sulle vicende occorse (sa un po’ della Beatrice dantesca, certo, la movenza è quella; mica si chiama Lucia per niente, lei), dice una cosa antichissima, mai del tutto chiara, forse per la sua eccessiva evidenza (“Il resto è per i pazzi”, si potrebbe chiosare, citando Patrizia Cavalli), nelle avventure umane, e cioè che ci cacciamo nei casini per una sola, validissima ragione. L’amore.

4. Inizia la settimana di Pasqua, finiscono i quaranta giorni quaresimali, si conclude questo “fioretto” quotidiano, fatto di passi di un libro che ad ogni lettura si rinnova, e di modeste riflessioni personali. C’è una cosa che mi piace raccontare, ancora: questa, che segue.

La mattina, andando al lavoro, io attraverso il cortile della Fiera Vecchia di Pordenone, incrociando studenti che vanno verso altre scuole del Centro Studi, In questo periodo, in particolare ce n’erano due -un lui e una lei, sui sedici/diciassette- che un mese fa pareva si affiancassero per caso, poi hanno cominciato a fermarsi un po’, quando si incontravano, poi hanno preso a parlare fitto e a camminare piano; qualche mattina i toni della voce erano più alti e irritati; in queste ultime giornate, con la primavera che si fa sentire, mi passano accanto tenendosi per mano.

Non sono una persona di grande originalità: tra me e me li ho chiamati, in tutti questi giorni, Renzo e Lucia. Non l’ho fatto apposta.

Quaranta passi da “I promessi sposi”/39

(dal capitolo XXXVIII)

Un finale

“Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia.

La quale, se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta.”

Le varie linee su cui si sviluppa il romanzo trovano il loro specifico finale nell’ultimo capitolo del romanzo.

Un finale per il tema sociale: la fiduciosa evoluzione socioeconomica della famiglia di Lucia e Renzo, che si sposta sotto Venezia, con condizioni e tutele di mercato migliori, e con più agio per far studiare i figli,

Un finale per buoni e cattivi: don Abbondio, che si lascia scappare anche battute imbarazzanti su alcune implicazioni positive della pestilenza (riferendosi a don Rodrigo), e che ci ricorda che il mondo appartiene ai paraculi; bisona saperlo, e non farsene condizionare.

Un finale per l’autore, che all’inizio ci aveva promesso una storia bella, di quelle da raccontare: caro lettore, ci dice, spero di esserci riuscito, e che la vicenda non ti sia stata di noia. Fino all’ultima parola, lo scrittore continua il suo dialogo con chi legge e leggerà; si scrive per questo.

Un finale degli sposi, ora uniti e non più promessi: le vicende che la vita reca si sopportano, quali esse siano, possibilmente con la fiducia in Dio. Non c’è teodicea nelle cose mondane: anche se questa storia appare avere un finale dolce -ma, come dice Raimondi, non idilliaco, anzi.

Ma c’è pure un altro finale.

Quaranta passi da “I promessi sposi”/38

(dal Capitolo XXXVII)

“Qui cominciavano i guai anche per don Ferrante. Fin che non faceva che dare addosso all’opinion del contagio, trovava per tutto orecchi attenti e ben disposti: perché non si può spiegare quanto sia grande l’autorità d’un dotto di professione, allorché vuol dimostrare agli altri le cose di cui sono già persuasi. Ma quando veniva a distinguere, e a voler dimostrare che l’errore di que’ medici non consisteva già nell’affermare che ci fosse un male terribile e generale; ma nell’assegnarne la cagione; allora (parlo de’ primi tempi, in cui non si voleva sentir discorrere di peste), allora, in vece d’orecchi, trovava lingue ribelli, intrattabili; allora, di predicare a distesa era finita; e la sua dottrina non poteva più metterla fuori, che a pezzi e bocconi.”

Il problema di don Ferrante: negare il contagio, perché non è né sostanza, né accidente. Con un pochetto di cattiveria, Manzoni mostra l’inutilità di un conoscere fatto solo di parole che si autosostengono e che non incontra da nessuna parte la realtà. Parlando di don Ferrante, in realtà l’autore espone un suo personale, e importante, cruccio, che riguarda la letteratura, a proposito del rapporto tra le parole e la conoscenza reale delle cose; un cruccio che nel romanzo si risolve, ma che lo accompagnerà anche in molte riflessioni a venire.