Quaranta passi da “I promessi sposi”/29

(dal Capitolo XXVIII)

“Nel tribunale di provvisione vien proposto, come più facile e più speditivo, un altro ripiego, di radunar tutti gli accattoni, sani e infermi, in un sol luogo, nel lazzeretto, dove fosser mantenuti e curati a spese del pubblico; e così vien risoluto, contro il parere della Sanità, la quale opponeva che, in una così gran riunione, sarebbe cresciuto il pericolo a cui si voleva metter riparo.”

Il Capitolo XXVIII è quello delle scelte politiche sbagliate che si accatastano l’una sull’altra, ognuna presa a rimedio della precedente, ciascuna di più breve effetto di quella prima assunta, tutte destinate all’inefficacia o all’oblio o, più frequentemente, a entrambe le cose. Se la scelta politica -assunta per momentaneo ripiego o per pressione dell’opinione pubblica- è lontana da una comprensione della realtà, intende Manzoni, la realtà stessa travolgerà la scelta politica, senza riguardo.

Manzoni ha modo anche per raccontarci una di quelle decisioni che, oggi diremmo, sono assunte per “razionalizzare”: la raccolta di tutti i mendicanti al lazzaretto, contro ogni avviso degli organi di sanità, scelta politica, presa dopo la scadenza dell’ultimo momento buono, e per tirare al risparmio dell’ultimo momento. Come andrà a finire? Come sempre, allora e prima e poi, in questi casi: male.

Twittami e dimenticami (a margine di piccoli equivoci in riva al Noncello)

È capitato anche nella piccola sfera naoniana, che un protagonista delle, grandi o piccole che siano, vicende politiche locali abbia espresso live i suoi giudizi cinguettosi su una discussione in corso , e che dopo qualche ora li  abbia cancellati -quando ormai quei giudizi avevano trovato i loro lettori e prodotto le loro conseguenze. È capitato e continua a capitare, a Pordenone e ovunque, in politica e ovunque.
Cose che capitano, appunto, come effetto della combinazione tra un intento comunicativo nuovo e una sociologia comunicativa secolare. L’intento comunicativo è quello impressionistico, situazionale che origina il Tweet; la sociologia è quella che accompagna la parola scritta dai tempi, come voleva Havelock, di Platone, per cui le parole posano e michelstaedterianamente pesano.
Insomma, io affido al Tweet la parola che dovrebbe sciogliersi e volare, ma essa, una volta scritta, resta, perché un lettore e una cache di Google ci saranno sempre a dare una forma diversa a quanto comunicai. Un bell’affare, e forse anche per questo a #sotn2012 si è parlato molto del diritto all’oblio come di una dimensione irrinunciabile.

socialità che si alimenta

Sui banchi del Consiglio comunale, all’inizio della seduta di oggi sul bilancio preventivo (l’ultimo di qusto mandato amministrativo che volge alla sua conclusione), tutti noi consiglieri abbiamo trovato modulo di adesione e scratch card per accedere al Wireless civico.  Ho restituito card e domanda all’impiegato che raccoglieva i moduli -la card l’ho in tasca da giugno, in effetti.

E poi ho insegnato ad un paio di colleghi a collegarsi alla rete tramite il wireless.

E poi su Fb abbiamo commentato i lavori del consiglio…piccole forme, direi, di socialità che si alimenta e si sostiene.

Cose da poco, nugae? Proprio non credo.Cose che piano cambiano antiche ritualità comunicative (adesso, qualcuno che sta parlando mi guarda, e sa che va su Twitter, e che qualcuno lo legge adesso, e insomma la ritualità monolitica si tinge di trasparenza…)