Quaranta passi da “I promessi sposi”/32

(dal Capitolo XXXI)

“In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri pestilenziali: l’idea s’ammette per isbieco in un aggettivo. Poi, non vera peste, vale a dire peste sì, ma in un certo senso; non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza contrasto: ma già ci s’è attaccata un’altra idea, l’idea del venefizio e del malefizio, la quale altera e confonde l’idea espressa dalla parola che non si può più mandare indietro.

Non è, credo, necessario d’esser molto versato nella storia dell’idee e delle parole, per vedere che molte hanno fatto un simil corso. Per grazia del cielo, che non sono molte quelle d’una tal sorte, e d’una tale importanza, e che conquistino la loro evidenza a un tal prezzo, e alle quali si possano attaccare accessòri d’un tal genere. Si potrebbe però, tanto nelle cose piccole, come nelle grandi, evitare, in gran parte, quel corso così lungo e così storto, prendendo il metodo proposto da tanto tempo, d’osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare.”

Alla conclusione del capitolo, Manzoni ci offre le ragioni che lo hanno spinto ad interessarsi tanto a fondo alla vicenda della peste di Milano, tanto da dedicarle tutto un saggio storico, la “Storia della colonna infame” (che è un vero e proprio sviluppo laterale del romanzo): la concatenazione d’idee e di convincimenti sulla natura del contagio, dalla negazione, alla sottovalutazione, alla spiegazione minimizzante fino all’interpretazione complottistica, Un caso esemplare, aggiunge l’autore, che vale per tante più modeste faccende dell’umano agire e intepretare, quando invece quello giusto sarebbe fatto di quelle azioni (osservare, ascoltare, paragonare, pensare) che in buona sostanza sono il metodo scientifico.

Quaranta passi da “I promessi sposi”/23

(dal Capitolo XXII)

“Non dobbiamo però dissimulare che tenne con ferma persuasione, e sostenne in pratica, con lunga costanza, opinioni, che al giorno d’oggi parrebbero a ognuno piuttosto strane che mal fondate; dico anche a coloro che avrebbero una gran voglia di trovarle giuste. Chi lo volesse difendere in questo, ci sarebbe quella scusa così corrente e ricevuta, ch’erano errori del suo tempo, piuttosto che suoi: scusa che, per certe cose, e quando risulti dall’esame particolare de’ fatti, può aver qualche valore, o anche molto; ma che applicata così nuda e alla cieca, come si fa d’ordinario, non significa proprio nulla.”

Il personaggio storico fondamentale del romanzo è il Cardinale Borromeo, al cui approfondito ritratto Manzoni dedica quasi tutti il Capitolo XXII. C’è un nodo della sua biografia che rimane fonte d’interrogazione, per lo scrittore: vi allude qui, ma nella Cronaca della colonna infame” il lettore ne trova la specificazione. Il Cardinale condivise idee, e conseguenti azioni, al tempo della ricerca dei responsabili della peste, e lo scrittore non riesce a cavarsela con la spiegazione legata allo spirito dei tempi, al contesto storico, ai condizionamenti. Non ne fa qui più che questo fugace cenno, ma resta evidente che, per lui, il luogo fondamentale delle decisioni è sempre la facoltà deliberativa del singolo uomo -la capacità di scegliere e orientarsi verso il male o il bene. E di qui a poco l’Innominato farà prova di questo.