il meriggio di un sogno

Il giovane si accoccolò ai bordi dello specchio d’acqua, sentendo salire per la spina dorsale il calore profumato dell’erba inondata di sole. Era passato tanto tempo dall’altra volta che era stato lì, forse era lui stesso altra cosa. Il giovane fauno si guardò attorno, e tra gli alberi che incorniciavano lo stagno cominciò a distinguere tutti quelli che lo avevano accompagnato da allora. Quelli che gli avevno mostrato amicizia, quelli cui lui l’aveva mostrata. Quelli che gli avevano reso favori, quelli cui lui ne aveva fatti. Quelli che avevano sognato per lui, quelli cui lui aveva insegnato a sognare. Quante cose avevano costruito insieme! Quante ne avevano, da raccontare. Grato, si avvicinò alla prima figura, un amico carissimo e antichissimo, partecipe di gioie dolori e segreti. “Racconta, amico, raccontiamo insieme ciò di cui fummo partecipi.” Ma quello, muto, inespressivo, si manteneva fermo. Il giovane ne fu sorpreso. Si volse allora ad una sicura amica, preziosa portatrice del punto di vista a lui ignoto di chi è donna, e le si rivolse: “Tu, amica, racconta partecipe ciò che sapesti spiegarmi”. Anche lei restò ferma. E fermi gli parvero tutti, lì, di fronte a lui. “Amici, vi prego! Raccontate, dite, mostrate, partecipate!”. Le tempie gli plulsavano, alzò la voce. “Dite qualcosa” e allora, forse di lì, forse dal fondo di un ricordo, s’alzò un mormorio “…osa…osa…”. Riprovò: “Perché tacete? Cosa vi ho fatto'” ed ancora, chissà da dove, “..atto….atto…” Fu attraversato da un dubbio.Gettò, timoroso e memore, uno sguardo nell’acqua, e si vide. Fose, nche, si conobbe. E tornò a guardare verso gli alberi, verso gli altri. E non vide niente.

epea pteroenta

Le parole pesano!

Ho letto stamane, per l’ennerrima volta,  e capisco in che senso lo si dica, lo si sia detto, lo si dirà, ma io sono grecista e filologo, e questo senso molto moderno rimanda al “peso” michelstaedteriano, quello delle cose che pesano e non posano e trascinano al fondo; la lezione omerica, che si staglia nell’immagine delle epea pteroenta, cioè alate, intende invece quello che  pure nel proverbio in questo caso oltrecchè saggio anche dotto è passato: verba volant, scripta manent, le parole di bocca in bocca volano, proprio per la loro calviniana (non calvinistica) leggerezza, ch’altra cosa è da vanità.

E volano non disconnesse e frastagliate e lemmatizzate, ma associate chomskianamente nella sintetica nessuosità di un nodo sintattico…

ultimo giorno di consiglio comunale

E’ il mio ultimo giorno di una scuola un po’ particolare, quella dei cinque anni di consigli comunali a Pordenone. Salterò il consiglio che verrà probabilmente indetto per lunedì prossimo, e sarebbe (se lo sarà) il terzo in cinque anni (le altre due assenze: malattia la prima, lavoro la seconda).

Sono stato consigliere di maggioranza, il che significa stare dalla parte che usa meno due strumenti -le interrogazioni e le mozioni- che fanno parte delle forme di partecipazione più proprie delle opposizioni. In un comune piccolo come Pordenone, però, al di là di questo (e pure al di là dell’appartenenza di lista, o politica) il consigliere comunale si ritaglia un ruolo legato molto alle sue caratteristiche e ai suoi interessi e talenti personali.

Per mio conto, di questi anni la cosa che più mi ha segnato è stata la mozione per avviare il percorso per la concessione dei benefici della “legge Bacchelli” a Federico Tavan. E’ stata una gioia, un anno dopo la presentazione in aula della mozione (in una serata memorabile avviata da Ida Vallerugo, Pierluigi Cappello e Aldo Colonnello -un trio formidabile), sapere che, a valle di una catena d’interventi e d’interessamenti (molti dei quali intessuti da Gianni Zanolin, dal quale oggi mi può allontanare qualche punto di vista politico, ma non certo l’amicizia), nell’autunno del 2008 Federico ha ottenuto quel beneficio. Gioia, certo, per un provvedimento che rende meno pesante la vita di quello che è stato il chiaroscurale folletto di Andreis -meno pesante, ma non certo quella ch’era stata. Più da vicino, ho dato il mio contributo per direfare.pn.it, un progetto per pensare la città di domani creando nuovi legami, valorizzando nuovi punti di vista.

Ho visto, in questi anni, alcuni temi forti: la questione dell’ospedale, a tutt’oggi appesa all’alea di finanziamenti regionali e d’individuazione di aree; il percorso del Wireless Civico (un’infrastruttura che si sta allargando per la città, e che può diventarne un luogo di costruzione del futuro); l’evoluzione, pezzo per pezzo, della città in città della conoscenza, con spazi per la cultura che rappresentano una delle grandi sfide per il futuro; la stipula di accordi di area per l’ambito socioassistenziale; il complicato percorso per la definizione degli spazi edificati ed edificabili; l’affermarsi, trasversale, di una sensibilità ambientale più marcata;   l’affievolirsi, nel corso degli ultimi anni, del tema della sicurezza in luogo di quello, purtroppo più impellente, del lavoro.

Stando qui dentro ho imparato meglio, credo, cos’è la mia città e come se ne prospetta il futuro, il che vuol dire, mi pare, che il luogo rappresenta un significativo indice di quello che avviene. Non è un luogo statico, del resto: adesso, mentre scrivo, più di metà dei consiglieri è collegato alla Rete tramite Wireless Naonis. E credo di potere dire che la Rete, specie nel configurare le relazioni tra Comune e cittadini, e tra rappresentanti politici e cittadini, sarà sempre più importante. Siamo ancora agli inizi, la campagna elettorale che si è già avviata e che sta vivendo in Rete alcuni passaggi importanti è solo un assaggio. Di questo, si può essere sicuri.

 

 

umori odori colori dell’aula consiliare

Penultimo consiglio comunale di questo mandato. Butto occhiate ai  dettagli dell’aula -le tavole di Pizzinato, le due telecamere fisse che mai ho visto funzionare ai lati dell’arcata centrale, le due altrettanto mai viste attive alle mie spalle, i medaglioni con gli stemmi ai lati del bianco lenzuolo dello schermo avvolgibile, il tabellone elettronico per le votazioni e gli interventi, le due piantane per gli abiti, i capannelli mai casuali aggregati d discussioni sui massimi, medi e minimi sistemi- ed assumo sensazioni d’altra specie -il compatto rugore della superficie gommosa del tavolo davanti a me, la lucida levigatezza del bordo del tavolo stesso, il caricarsi degli umidi odori dopo ore di consiglio, le distorsione delle voci al microfono, le stagioni intuite oltre i vetri spessi dell’aula.

Lo so già, più ancora degli argomenti qui trattati, dei momenti di passione e di noia vissuti, resteranno in mente questi dettagli.

socialità che si alimenta

Sui banchi del Consiglio comunale, all’inizio della seduta di oggi sul bilancio preventivo (l’ultimo di qusto mandato amministrativo che volge alla sua conclusione), tutti noi consiglieri abbiamo trovato modulo di adesione e scratch card per accedere al Wireless civico.  Ho restituito card e domanda all’impiegato che raccoglieva i moduli -la card l’ho in tasca da giugno, in effetti.

E poi ho insegnato ad un paio di colleghi a collegarsi alla rete tramite il wireless.

E poi su Fb abbiamo commentato i lavori del consiglio…piccole forme, direi, di socialità che si alimenta e si sostiene.

Cose da poco, nugae? Proprio non credo.Cose che piano cambiano antiche ritualità comunicative (adesso, qualcuno che sta parlando mi guarda, e sa che va su Twitter, e che qualcuno lo legge adesso, e insomma la ritualità monolitica si tinge di trasparenza…)

nomeecognome

Il mio primo blog si chiamava http://piervincenzoditerlizzi.blog.tiscali.it. Risale all’anno di grazia 2004 e lo usavo per comunicazioni e segnalazioni con i miei allievi del Liceo.

Dopo un anno, per interagire con gli studenti ho preferito la piattaforma Moodle del Liceo, ed insomma quel blog si è dissolto.

Nel 2006 sono stato eletto Consigliere comunale nella mia amata città sulle rive del Noncello. Mi è sembrato di qualche interesse raccontare la mia esperienza tra i banchi del parlamentino civico, ed è nato un nuovo blog, ospitato sulla piattaforma( allora) gratuita (allora) offerta da Kataweb (l’indirizzo era http://unesperienzaincomune.blog.kataweb.it).

Dopo un anno, la piattaforma è passata a Typepad, ed io avevo altre cose per la testa e per la vita, l’estate che quel passaggio è avvenuto. Insomma, anche quel blog si è evaporato.

Alla fine di quell’estate ho aperto un nuovo blog personale: bordopagina. Sono andato avanti più di tre anni, e con quel blog ho conosciuto amici, punti di vista, detrattori. Nel frattempo ho continuato ad usare la piattaforma Moodle per scuola, ho fatto i miei account su Facebook, Twitter e Friendfeed, ho sviluppato quasi ogni anno un blog ad uso di ciascuna delle mie classi. Ho anche provato l’esperienza di un blog tematico e temporaneo, ispirato da una passeggiata per le vie della mia città in una nebulosa giornata d’agosto.

Poi, bordopagina ha finito la sua storia. Come dire: il titolo ed il sottotitolo (“Note a margine”) hanno compiuto il loro destino, esaurito i campi del dicibile che con sé portavano. Come quando si capisce di avere finito un racconto, una poesia, una ricerca, un libro.

Ho chiuso il blog.

Dopo un po’, m’è parso che qualcosa da dire, da condividere, da discutere in Rete in spazi meno angusti e frammentati di Facebook, lo avessi. Qualcosa che avesse a che fare con la supposta presenza di un coso identificabile, tra le altre possibilità, con un nome e cognome.

Insomma, eccomi qui, con nome e cognome appunto. Con nome e cognome nell’URL, e con nome e cognome modificato nel titolo del blog: in grazia di una simpatica segretaria meranese, che prendendo, anni fa, nota di una telefonata ad un mio amico, gli scrisse: “Ha chiamato il Dottor Dieter Lizzi”.