il meriggio di un sogno

Il giovane si accoccolò ai bordi dello specchio d’acqua, sentendo salire per la spina dorsale il calore profumato dell’erba inondata di sole. Era passato tanto tempo dall’altra volta che era stato lì, forse era lui stesso altra cosa. Il giovane fauno si guardò attorno, e tra gli alberi che incorniciavano lo stagno cominciò a distinguere tutti quelli che lo avevano accompagnato da allora. Quelli che gli avevno mostrato amicizia, quelli cui lui l’aveva mostrata. Quelli che gli avevano reso favori, quelli cui lui ne aveva fatti. Quelli che avevano sognato per lui, quelli cui lui aveva insegnato a sognare. Quante cose avevano costruito insieme! Quante ne avevano, da raccontare. Grato, si avvicinò alla prima figura, un amico carissimo e antichissimo, partecipe di gioie dolori e segreti. “Racconta, amico, raccontiamo insieme ciò di cui fummo partecipi.” Ma quello, muto, inespressivo, si manteneva fermo. Il giovane ne fu sorpreso. Si volse allora ad una sicura amica, preziosa portatrice del punto di vista a lui ignoto di chi è donna, e le si rivolse: “Tu, amica, racconta partecipe ciò che sapesti spiegarmi”. Anche lei restò ferma. E fermi gli parvero tutti, lì, di fronte a lui. “Amici, vi prego! Raccontate, dite, mostrate, partecipate!”. Le tempie gli plulsavano, alzò la voce. “Dite qualcosa” e allora, forse di lì, forse dal fondo di un ricordo, s’alzò un mormorio “…osa…osa…”. Riprovò: “Perché tacete? Cosa vi ho fatto'” ed ancora, chissà da dove, “..atto….atto…” Fu attraversato da un dubbio.Gettò, timoroso e memore, uno sguardo nell’acqua, e si vide. Fose, nche, si conobbe. E tornò a guardare verso gli alberi, verso gli altri. E non vide niente.

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