Su tre articoli a proposito di denatalità (e scuola)

Il tema della denatalità è tornato ieri, 18 agosto, in alcuni quotidiani: Carlo Cottarelli sul “Corriere della Sera” ha richiamato i rischi macroeconomici per l’Italia, mentre il “Messaggero Veneto” ha dedicato due pagine, a firma di Riccardo De Toma, al quadro regionale del Friuli Venezia Giulia, con un commento di Francesco Iori. In Friuli, nei primi cinque mesi del 2025, sono nati appena 2.563 bambini: meno di 500 al mese, un dato che porterà a superare il minimo storico toccato nel 2024. Nel 2007 i nati erano oltre diecimila: oggi si registra poco più della metà.

La stessa tendenza è evidente a livello nazionale: tra il 2008 e il 2023 le nascite sono scese da 576.000 a 379.000, con un tasso di fecondità che si attesta intorno a 1,2 figli per donna. Un calo strutturale, non ciclico, che si riflette già oggi nelle iscrizioni scolastiche.

Il tema ha ragioni e implicazioni complesse. Limitandomi alla scuola, le conseguenze sono chiare:
nei prossimi dieci anni la popolazione scolastica diminuirà di circa un milione di studenti;
in molte aree interne e montane sarà inevitabile accorpare o chiudere plessi scolastici;
il fabbisogno di personale docente e ATA andrà ridimensionato, con squilibri territoriali;
alcune comunità rischiano di perdere la scuola come presidio sociale e culturale.

Del resto, il Documento di Economia e Finanza del 2022 aveva già previsto queste dinamiche: meno studenti significa meno spesa per l’istruzione, ma anche un forte rischio di desertificazione educativa. Per questo si puntava su due linee strategiche: l’ampliamento dei servizi per la prima infanzia, con l’obiettivo del 33% di copertura dei nidi entro il 2027, e il rafforzamento dell’inclusione scolastica.

Di fronte a questi scenari, le scelte politiche sono cruciali (come Cottarelli e Iorio sottolineano): da un lato, gestire il declino con una razionalizzazione della rete scolastica, oppure trasformare la scuola in leva per politiche familiari e territoriali, investendo su nidi, tempo pieno, trasporti e servizi nei comuni più fragili.

Ovviamente, come detto, la questione della denatalità ha ragioni e implicazioni che vanno oltre, e che sollecitano un pensiero complesso e agganciato a prospettive che vanno oltre la contingenza.

La denatalità comunque non è più un dato lontano: è una realtà che cambia già oggi la vita delle scuole. I prossimi anni diranno se sarà gestita come riduzione inevitabile o affrontata come occasione per ripensare in profondità il sistema educativo e sociale.

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