Durante questi giorni, mi è occorso, in situazioni tra loro molto diverse, di parlare, o sentir parlare, di semplicità e complessità, come fossero degli opposti.
L’etimologia, a seguirla, al proposito risulta, in realtà,disarmante. “Semplice” rimanda sl latino simplex, formato dalla radice *plek (greco: piegare) e dal prefisso *sin, che rimanda al greco *hama ( con l’aspirazione iniziale per caduta di sigma), il cui significato è quello dell’unità, della simultaneità: insomma, “semplice” è uno che tiene insieme le cose che magari erano spiegazzate.
“Complesso” deriva dal latino complexus, a sua volta derivato dal verbo complector (con il prefisso cum, che vuol dire “insieme”), e che in effetti significa “abbracciare”.
Semplice non è spontaneo, né facile (tendere una piega, cioè stirare, di sicuro non lo è), e complesso non è involuto, o artificioso (tendendo a tenere insieme, non a moltiplicare fronzoli).
Insomma, il semplice tiene in unità, il complesso abbraccia.