Quaranta passi da “I promessi sposi”/22

(dal capitolo XXI)

“Aspettava ansiosamente il giorno, per correre a liberarla, a sentire dalla bocca di lei altre parole di refrigerio e di vita; s’immaginava di condurla lui stesso alla madre. “E poi? che farò domani, il resto della giornata? che farò doman l’altro? che farò dopo doman l’altro? E la notte? la notte, che tornerà tra dodici ore! Oh la notte! no, no, la notte!” E ricaduto nel vòto penoso dell’avvenire, cercava indarno un impiego del tempo, una maniera di passare i giorni, le notti. Ora si proponeva d’abbandonare il castello, e d’andarsene in paesi lontani, dove nessun lo conoscesse, neppur di nome; ma sentiva che lui, lui sarebbe sempre con sé: ora gli rinasceva una fosca speranza di ripigliar l’animo antico, le antiche voglie; e che quello fosse come un delirio passeggiero; ora temeva il giorno, che doveva farlo vedere a’ suoi così miserabilmente mutato; ora lo sospirava, come se dovesse portar la luce anche ne’ suoi pensieri. Ed ecco, appunto sull’albeggiare, pochi momenti dopo che Lucia s’era addormentata, ecco che, stando così immoto a sedere, sentì arrivarsi all’orecchio come un’onda di suono non bene espresso, ma che pure aveva non so che d’allegro.”

Il capitolo XXI segue Lucia e l’Innominato, nel loro incontro e poi, ciascuno, alle prese con una notte di pensieri e decisioni. Il momento decisivo, per Lucia, è il voto di rinunciare al matrimonio, inteso esplicitamente come sacrificio -e su tale questione, sarà fra Cristoforo a tornare-; dopo di che, lei si addormenta; l’Innominato, invece, ondeggia tra sentimenti contrastanti fino all’alba, quando (Manzoni sottolinea la sincronia) Lucia prende sonno. Dentro se stesso, il signorotto trova tante e contrastanti disposizioni, cui le parole di Lucia, sul perdono di Dio per un atto di misericordia, non danno riposo. Le campane che suonano dalla pianura introducono la novità che accompagna il tratto in cui l’Innominato metterà meglio a fuoco, fino a dove ciò sia possibile, le proprie motivazioni.

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