Carichi la macchina constatando riti che si mantengono -mettere in borsa meno roba possibile, per lasciare lo spazio a più libri possibili- e nuove attenzioni -le medicine ci son tutte? Il modem, i cavi, le batterie?-. Chiudi acqua gas luce secondo le consuetudini (di cui sorridevi) prese da tua madre; getti, prima di uscire, un’occhiata a una casa che senti provvisoria -come molte cose di questi anni-; ma l’ultima occhiata è ai libri sugli scaffali, e lì ti riconosci in tempi pensieri e attitudini che vengono da prima di adesso, e che sono molto più presenti (anche se spesso in silenzio) di quello che chiami presente.
Vai dai tuoi figli, che caricano borse che, col loro contenuto, raccontano meglio di ogni altra cosa l’anno che è passato dall’altro viaggio. Un’occhiata in controluce alla vetrata del portone d’ingresso della loro casa ti convince che bisogna fare qualcosa per questa inattesa panzetta.
Ma è ora di muoversi; ti aspettano mare e cielo e sole, carichi di tutta la storia di gioie e dolori del mondo, di un pezzo della storia della tua famiglia, e di un punto di vista antico, che ti si è radicato dentro e che fiorisce nel tempo in cui ti muovi.
E comunque hai portato anche stavolta gli orsetti.