Per quello che può servire, io ho capito bene cos’è successo sabato a Roma, e soprattutto per chi è accaduto quello che è accaduto.
A Roma quella che è andata in scena -o in onda? perché l’impianto narrativo è stato vigorosamente improntato ai canovacci della televisione, di quella vecchia, generalista però (e a quelli del giornalismo stampato che le è complementare)- è stata una gattopardata. I tenaci e coerenti perseguitori dello status quo, quelli che vogliono che nulla cambi davvero (e stanno a tutte le latitudini politiche, segnalati più dalla cornice della loro retorica che dalla dirimente valenza delle loro idee) hanno agito perchè nulla cambi davvero, e hanno mandato il loro segnale. Ma non a quelli come me, che cose ne hanno viste. No: i veri destinatari sono i giovani, soprattutto i più giovani, quelli che, nel pur confuso pastone dell’indignazione, hanno cominciato ad intuire una strada per partecipare. La facile equazione che sottostà alla massa d’interpretazioni del dopo, che semplifica e butta tutto in un unico calderone, li tiene lontani -ancora una volta- dalla partecipazione politica ( e sto leggendo in rete un sacco di commenti di 18-20enni, di questo tenore).
Che dire allora: non state all’apparenza, non state alla dietrologia, studiate (tanto tanto tanto), imparate a coltivare il senso della differenza.